lunedì 21 dicembre 2015

Renzi? No, grazie

La Ue decide sugli immigrati ma ci lascia fuori
Al pre-vertice c’erano tutti, persino il lussemburghese. A Renzi, per l’ennesima volta, riservato il posto di zerbino

Il greco? C’era. L’austriaco? Pure. Il belga? Presente. L’olandese? Anche. Non mancavano nemmeno il portoghese, il finlandese, lo sloveno e financo il lussemburghese. Soltanto uno non era stato invitato alla preriunione organizzata ieri a Bruxelles dalla Cancelliere Merkel per discutere di immigrati. Indovinate chi era? Esatto: il nostro Matteo Renzi. O un suo rappresentante. Proprio così: l’Italia è rimasta fuori dalla porta, depositata nel portaombrelli all’esterno della sala, esclusa come Fido in certi negozi di alimentari. «Io non posso entrare». Ma guardi che non morde i diplomatici, al massimo i risparmiatori… «Non importa. Non lo vogliamo».

I soliti gufi diranno che è un’altra dimostrazione dell’Italia che non conta nulla in Europa e nel mondo. (Non importa: quelli saranno sistemati a dovere alla prossima Leopolda con un bel concorso sui titoli, sugli articoli e magari anche sulle vignette. Al primo classificato, una bella confezione di olio di ricino). Invece noi che non siamo gufi, possiamo dirlo: stare fuori dalla porta non è un’esclusione, ma una scelta strategica. Ma sì: una tattica fiorentina, una mossa di grande astuzia politica. Entrare nella stanza principale? Sedersi al tavolo con gli altri? Discutere con la Merkel? Confrontarsi con Schulz? Affrontare i commissari? Macché: noi siamo italiani. Molto meglio restare in sala d’attesa, accoccolati sul tappeto. Nessuno ci potrà accusare di nulla. E se va bene, magari ci scappa pure una mano di briscola con il portinaio…

Ma noi non siamo tipi da demordere tanto facilmente. Macché: stiamo lì, irremovibili, accucciati all’esterno di ogni stanza dei bottoni, rigorosamente al di fuori di ogni incontro importante, fermamente decisi a farci escludere da ogni summit decisivo. L’importante è che ci chiamino per la cena, si capisce. A tavola bisogna tenere alto l’onore dell’Italia, e il girovita di Renzi dimostra che da quel punto di vista non temiamo rivali.

La tattica «io resto fuori», d’altra parte, è rigorosamente applicata da Renzi a tutte le grandi questioni internazionali. C’è il vertice a Parigi sul Medio Oriente? Noi non siamo invitati. Si discute sulle Siria? Noi non siamo invitati. Si sceglie il futuro dell’euro? Qualcuno magari ci telefona per informarci di quello che hanno deciso fra Berlino e Parigi. Poi dicono che il premier Parolaio non raggiunge mai i suoi obiettivi: non è vero, sono le solite menzogne della stampa nemica, con cui regoleremo presto i conti. A escludere l’Italia da ogni tavolo importante, per esempio, Renzi c’è riuscito benissimo. Adesso persino il lussemburghese e lo sloveno contano più di noi. Non è una grande prova di coerenza del nostro premier?

D’altra parte, che ci volete fare? Non si può mica essere dappertutto. Renzi deve già occupare tutti i posti disponibili alla Rai, alle Poste, all’Inps, nelle partecipate, negli organi costituzionali, deve entrare nei consigli d’amministrazione, nella Consulta, nelle Ferrovie, e dunque ha modi di entrare pure nelle stanze dei vertici internazionali. Che ci pensino il finlandese e il portoghese, a quelli. Se poi l’Italia viene presa a pesci in faccia in tutto il mondo, se non contiamo nulla nelle grandi crisi, se persino il New York Times sbeffeggia le nostre riforme («Il jobs Acts è inutile») e il famoso piano europeo per l’immigrazione che doveva risolvere tutto si rivela una beffa, se non possiamo più fare una politica economica autonoma, se non possiamo salvare né le aziende (Ilva) né la vita dei risparmiatori (Civitavecchia) perché a Bruxelles quando ci vedono ci scambiano per gli uscieri del palazzo («voi restate fuori»), che importa? È la tattica di Renzi: nascondersi sotto il tappeto fuori dai confini e piallare tutti in Italia. Almeno finché c’è riuscito, si capisce. Perché, si sa, a forza di vederlo fuori dalle stanze che contano, può essere che anche gli italiani ci prendano gusto. E si domandino se non è il caso di completare l’opera lasciandolo fuori anche da Palazzo Chigi. Così, tanto per adeguarsi ai parametri di Bruxelles.

Mario Giordano - Libero Quotidiano

1 commento:

  1. Il Bomba ha aggiunto un'altra faccia alla medaglia (ma quante sono?): il "ponzio Pilato". Non và dove sarebbe necessario, se ne lava le mani, così poi può dire che è tutta colpa degli altri.

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