giovedì 21 febbraio 2013

Libro: "L'industria della carità"

Per salvaguardare oceani, balene, foreste, ambiente Greenpeace Italia ha utilizzato 2.349.000 euro meno di quanto spenda per pubblicizzarsi e cercare nuovi iscritti, 2.482.000 euro (dati di bilancio 2011).
Dalla vendita delle azalee AIRC, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, ha ricavato 10.000.000 euro. per organizzarne la vendita ne spende quasi la metà, 4.000.000 (dati di bilancio 2011).
L’industria della carità è un libro che non esisteva in Italia, paese in cui si è di solito abituati a parlare bene dei buoni. La sua autrice, Valentina Furlanetto, è andata invece a vedere dove finiscono i soldi che noi diamo ai buoni, cioè le associazioni che si occupano di beneficienza, di volontariato, di aiutare i paesi in via di sviluppo oppure di lottare per i diritti umani, i diritti degli animali, dell’ambiente. È andata in pratica a vedere dove finisce l’assegno che stacchiamo e mandiamo alle associazioni non governative, alle ONLUS. Attraverso l’analisi dei bilanci, ma anche attraverso interviste, testimonianze con i protagonisti che vi lavorano o che vi hanno lavorato, operatori umanitari o volontari che hanno voluto parlare per la prima volta probabilmente in Italia di quello che c’è di marcio, di opaco in queste associazioni. La Furlanetto è anche andata a vedere cosa accade quando un vestito viene donato ai poveri, ma invece finisce in una bancarella in vendita. E poi cosa accade quando le associazioni hanno denaro ricavato dai donatori e invece di utilizzarlo come dovrebbero lo investono in obbligazioni o in azioni, lo depositano insomma in banca come un normale risparmiatore. È etico oppure no? Da chi si fanno finanziare poi le associazioni? Magari proprio da quelle persone le cui opinioni non sono così condivisibili. L’autrice è andata anche a vedere cosa succede nel mondo delle adozioni, vastissimo, dove girano molti soldi: per adottare un bambino, all’estero si spendono dai 10 ai 30mila euro, e dove finiscono questi soldi? Un giro d’affari molto ampio che sta ingrossando sempre di più i conti delle associazioni italiane e degli enti italiani che fanno da intermediari tra i genitori adottivi e i bambini.

(Fonte: InMondadori)

Qui la replica, piccata, di Greenpeace, ma ce ne sono state tante altre dai chiamati in causa.

Sono già in lista d'attesa per questo libro in biblioteca.

6 commenti:

  1. Avevo letto già sul giornale Geo un articolo dove si spiegava come le associazioni umanitarie combattessero tra di loro nelle zone "disperate",
    mostrandosi come società con volumi di affari enormi che mostrano di realizzare opere benefiche solo per pubblicità.

    Loro si giustificano dicendo che debbono pagare i dipendenti, le strutture, i viaggi...
    Io sinceramente non credo a nessuno.
    Preferirei andare di persona a fornire aiuto che dare soldi in mano a terzi.

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  2. Chiarelettere mi manda sempre l'avviso delle nuove uscite (qualche volta anche un libro) e quando ho visto questa, di cui riporti alcuni dati, mi sono proprio incazzato. Qui ormai non sappiamo più da che parte girarti che ti fregano.

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  3. Ho smesso di mandare SMS solidali o assegni dopo essermi presa una zoccolata sui denti da una beneficiaria che aveva lanciato l'appello in rete, parlo del terremoto de l'Aquila, un corposo assegno che messo assieme agli assegni di altri, le hanno permesso di comprare un container adibito a casa provvisoria, un computer per restare collegata con relativa chiavetta, una riserva...e ci ha scritto che le avevamo fatto la carità...ho seguito il suggerimento di Rossiland, basta mandare, controlla chi ti sta attorno e ficca 50 euro in mano a chi capisci essere in difficoltà.

    Ho smesso anche di partecipare alla giornata della spesa solidale e nel terremoto dell'Emilia, mi sono affidata a degli amici che vivono a Buonacompra, mi hanno detto al telefono di limitarmi a comprare i prodotti Emiliani e non mandare soldi, non sarebbero arrivati ai terremotati.

    Questo libro da ragione a Rossiland e a Mike e Luisa.

    Buona giornata Dalle ;-))

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  4. @Daniele: io faccio come Tina, ogni tanto metto in mano dei soldi a chi so in difficoltà
    @Alberto: è un magna magna universale
    @Tina: mai mandato un euro tramite nessuno, do denaro solo a chi conosco personalmente e so che ne ha bisogno

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    1. Infatti è l' unica cosa, la migliore, da fare.
      Altro che dare soldi o altro ad associazioni.
      Metti che c'è un' associazione che realmente fa qualcosa di buono, con tutta sta diffidenza,
      alla fine rifiuti di far beneficienza
      per colpa di quelle che ci lucrano.
      Un casotto!

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  5. Adesso mi ricordo anche di questo post sui soldi inviati con gli sms per il terremoto in Emilia. Chissà come è andata a finire.

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