Esco dal minimarket con la borsa della spesa, attraverso la strada, entro nel parcheggio e vado verso la Rouge.
E' quasi buio, vagamente vedo qualcuno che cammina verso di me. Lo incrocio e lo ignoro.
Poi una voce chiama il mio nome.
Mi giro: non conosco l'uomo che ho davanti a me.
Non so chi sei, dico perplessa.
Sono Dario, risponde.
Mioddio, son passati più di quarant'anni!, esclamo.
Ci stringiamo la mano, ci diamo un bacio sulla guancia.
Facciamo quattro parole, come stai, come va.
Mi racconta di un intervento al cuore, una valvola che dovrà, a breve, sostituire.
Di un divorzio risalente a sedici anni fa.
Di tre figli, il più grande 37enne.
Gli racconto che ogni tanto penso a lui, succede quando metto in lavatrice il leoncino di peluche che mi ha regalato quando avevo quattordici anni.
E' sorpreso, sorride contento, non sai il piacere che mi fa di saperlo, prorompe di getto.
Dopodiché non abbiamo più niente da dirci.
Un'altra stretta di mano, un altro bacio e lo lascio dicendogli che ci incontreremo ancora se il destino lo vorrà.
Mi è rimasto un... non so come dire, scombussolamento? no, non è la parola giusta.
Un qualcosa di dolce e amaro al tempo stesso.
Però piacevole, una sensazione che vagamente assomiglia a quando eravamo migliori amici, prima che la vita ci portasse via uno dall'altra.
eh si la sensazione è proprio quella quando si incontrano persone che hanno preso altre strade... in un attimo torna alla mente tutto e si rimane così come quel cielo
RispondiEliminaHai detto bene, luce e ombre.
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